lunedì 9 giugno 2008

QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO


una canzone abbastanza nota di qualche anno fa
presta il titolo all'esperienza raccontata da una nostra socia


A distanza di un anno dalla nascita di Giacomo riesco a riflettere su una domanda che, a suo tempo, mi venne rivolta da un medico: "Ma cosa si prova alla settima Fivet? come la si affronta?" Allora risposi senza pensare dicendo che si affrontava tutto con più consapevolezza, senza illusioni, sapendo delle limitate percentuali di successo.
Era una bugia!!! Senza quelle illusioni mio figlio non sarebbe mai nato!
Oggi posso rispondere con più serenità perchè posso guardare senza paura a quei sentimenti che accantonavo, che ricacciavo indietro per non soffrire troppo. Solo oggi posso analizzare "clinicamente", "da esperta del problema", le varie fasi di una Fivet, e delle diverse Fivet che si succedono: le fasi psicologiche intendo.
perchè non è la fatica fisica che spaventa noi donne, nè le "manipolazioni" cui veniamo sottoposte, nè quegli occhi estranei che necessariamente scrutano le nostre parti più intime, nè ancora le fastidiose conseguenze delle terapie routinarie.
E' la solitudine, è la folla di pensieri, ora euforici ora deprimenti, che non ci permette di sopportare quei lunghissimi quindici giorni che separano il transfer dal test di gravidanza. Pensieri che non puoi tradurre in parole perchè non sempre c'è chi è disposto ad ascoltare, perchè si ha paura di annoiare, perchè sopratutto non si vuol dare voce a quel tormento.
Neppure il tuo compagno può capire, nonostante tutto il suo impegno, perchè un uomo "non vede" e "non prova" quello che ti succede. Ed a nulla valgono le esortazioni di chi vive indirettamente la tua esperienza: "non pensarci, vivi la tua vita di sempre".
Non puoi! Perchè i "periodi Fivet" sono totalizzanti, assorbono ogni tuo pensiero, perchè tutto è in funzione degli orari e degli appuntamenti per prelievi, ecografie, iniezioni.
Ed il primo timore è quello di "non produrre nulla", fermarsi a quel grande ostacolo che si chiama transfer e guardare le tue compagne di avventura andare avanti senza poterle seguire.
Poi arriva il giorno tanto atteso quanto temuto, ed inizia la scansione delle ore, fino al verdetto, spietato, che condanna ingiustamente: il test è negativo. E si precipita! Talvolta arrivano le lacrime, talvolta si stà lì, attoniti, a chiedersi perchè!
Succede anche che il test sia positivo. Ti illude, senti di aver conquistato il mondo intero, per poi ricadere, più malamente di prima, quando ti dicono che "il suo cuoricino ha cessato di battere".
E non vorresti fartelo portare via! Invece ti ritrovi su un lettino freddo di una sala operatoria a subire un raschiamento che non volevi, e ti risvegli con il pianto sommesso di chi, al tuo fianco, non ha parole di consolazione.
E poi devi ritrovare la forza, dentro di te, solo e soltanto dentro di te. Si ricompongono i tasselli saltati, si ricomincia la vita dal punto in cui la si era lasciata in sospeso.
Con il passare del tempo però, sale sottile e prepotente la rabbia, quel sentimento che non ti fa accettare la resa, che ti costringe a sollevare il telefono per rimetterti in lista di attesa.
Ricomincia così un nuovo ciclo: la speranza, la voglia di riprovare, l'euforia che precede ogni novo tentativo, l'illusione che finalmente sia "la volta buona".
A me è successo! "La volta buona" è arrivata davvero: non è stato facile perchè non è stata una gravidanza serena, ma ci sono riuscita; proprio quando avevo deciso che non volevo più illudermi per non soffrire ancora.
Ora dico grazie a tutti! A coloro che mi hanno aiutato e che mi sono stati vicini, ma sopratutto dico (sottovoce) grazie a me che sono donna, perchè solo noi donne abbiamo questa forza che ci permette di andare al di là di ogni ragionevole ostacolo.

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